mercoledì 15 giugno 2011

LA POVERTA' IN AFRICA

Foto di Mariella Risola


Dal 1950 la popolazione africana è cresciuta, ma in rapporto alla superficie del continente è sempre bassa la densità.



Dove si concentra la popolazione?

• Nella valle del Nilo;

• Sulle coste dell’Africa occidentale;

• Sugli altipiani dell’Africa orientale.

La mortalità è altissima soprattutto nell’età infantile: la vita media è di 30 anni.

Cause della mortalità:

• Ambiente malarico della foresta equatoriale, la presenza d’insetti quali la zanzara e vermi fluviali;

• Insufficiente nutrizione con scarse vitamine e proteine (ritardo nello sviluppo fisico e gonfiore all’addome).

Perché c’è la denutrizione?

• Scarsa fertilità del suolo e incostanza delle piogge;

• Presenza nelle terre più fertili delle colture industriali imposte dal colonialismo;
• Ristretto spazio destinato alle colture alimentari.
Su che cosa si basa l’alimentazione?
• Si basa su un ristretto numero di legumi e cereali come il miglio. Nella foresta equatoriale si cibano di radici e tuberi (come le patate) e di frutti spontanei come banane e noci di cocco. Solo nella savana e nella steppa l’allevamento è più diffuso. Nella foresta equatoriale esso è quasi assente e alcune credenze animaliste vietano l’uso degli animali domestici; si cacciano animali selvatici e insetti: cavallette, bruchi e termiti.
Com’evitare la denutrizione?
• Restringere la superficie delle colture d’esportazione e favorire quelle alimentari;
• Migliorare le tecniche agricole con l’irrigazione;
• Liberarsi dai divieti religiosi.
• Rendere l’agricoltura un’attività maschile più che femminile.
Fino alla metà del XIX secolo la maggior parte dell’Africa interna restava sconosciuta agli Europei, che si erano limitati a commerciare solo con le zone costiere. Poi alcuni esploratori, seguendo il corso dei fiumi, penetrarono nel continente e ne descrissero le caratteristiche fisiche e le effettive risorse. Allora iniziò la competizione tra gli stati europei per accaparrarsi le regioni più fertili e più ricche di minerali. Nel 1879 Leopoldo II del Belgio cominciò a crearsi una colonia personale nel Congo, ricco di minerali, nel 1883 la Germania si annesse varie zone del continente. Poiché ciò rischiava di scatenare una serie di guerre tra Paesi concorrenti, il cancelliere convocò a Berlino una conferenza di capi di Stato che stabilirono la modalità con cui ripartirsi l’Africa in maniera pacifica. Nel giro di un trentennio così, quasi tutta l’Africa cadde sotto il dominio europeo. Alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale il continente apparteneva per due terzi all’Inghilterra e alla Francia, mentre il resto era diviso tra Portogallo, Belgio, Italia e Spagna. Soltanto tre Paesi restarono indipendenti: Liberia, Sudafrica ed Egitto.
La spartizione dell’Africa avvenne in modo irrazionale. Infatti, i limiti delle colonie furono tracciati per lo più sulla carta, giacché la conoscenza dei luoghi e degli uomini era ancora scarsa.
Il continente africano è diviso in una cinquantina di Stati, che hanno un’ampiezza molto variabile tra loro. Nella maggioranza dei casi gli stati africani non presentano confini naturali, ma conservano i limiti amministrativi fissati dagli Europei. Si tratta in genere di confini rettilinei tracciati su carta, durante il periodo della colonizzazione, senza tenere conto né dell’unità fisica dei territori, né dell’omogeneità etnica della popolazione. Di conseguenza gli Stati africani hanno una scarsa coesione etnica. Molto spesso gruppi che appartengono alla stessa tribù sono divisi tra due o più paesi confinanti. Questa situazione genera frequenti conflitti tra Paesi vicini, le loro ostilità sono sfruttate dalle potenze straniere che hanno come intento quello di crearvi governi facilmente controllabili. La scarsa coesione etnica è motivo di debolezza politica per i nuovi stati africani, che in maniera indiretta subiscono ancora l’influenza economica di potenze straniere. Questa dipendenza rappresenta una nuova forma di colonialismo, che è detta appunto neocolonialismo.







La più diretta conseguenza della povertà in Africa è il livello generalmente basso della qualità della vita in termini, per esempio, di disponibilità di beni di consumo. Più in generale, i paesi africani (fatte le consuete eccezioni per il Sudafrica, le piccole nazioni turistiche come le Seychelles, alcuni paesi del Maghreb e pochi altri) si trovano nelle ultime posizioni del mondo rispetto a parametri come mortalità infantileaspettativa di vitaalfabetizzazione e istruzione, e via dicendo. Anche la penetrazione in Africa non solo di Internet, ma in generale delle telecomunicazioni e della tecnologia è ai minimi mondiali.
Anche a causa di fattori come la diffusa corruzione politica e le conseguenze del colonialismo, in Africa si osserva spesso una mancanza di correlazione fra la ricchezza di un paese e la qualità della vita dei suoi abitanti, nonché un fortissimo divario fra il benessere di una ristrettissima élite e povertà della maggioranza della popolazione. Per esempio, l'Angola beneficia di un forte afflusso di denaro legato allo sfruttamento delle miniere di diamanti, che però non influisce né in maniera diretta né indiretta sul tenore di vita e la qualità di vita del grosso della popolazione angolana.
I livelli bassi di alfabetizzazione e istruzione scolastica e universitaria perpetuano in Africa il problema della mancanza di professionisti qualificati in settori chiave come le tecnologie e l'insegnamento, perpetuando la situazione di dipendenza culturale dell'Africa dall'Europa. I pochi africani che riescono a ottenere buoni risultati negli studi spesso sono costretti a trasferirsi all'estero per frequentare università più prestigiose o, successivamente, per trovare lavoro.
La debolezza del sistema economico africano fa si che in molti paesi si assista a un fenomeno di iperinflazione. Il caso più paradigmatico è quello dello Zimbabwe, ma alti tassi di inflazione si registrano in molti altri paesi.[3]
La disoccupazione è certamente molto diffusa, anche se per la maggior parte delle nazioni mancano stime precise. Le dimensioni del fenomeno si possono comunque valutare considerando che maggior parte delle grandi città africane è circondata da vaste aree di baraccopoli abitate principalmente da persone disoccupate o sotto-occupate

Lacune infrastrutturali

La gran parte delle infrastrutture presenti in Africa sono state realizzate in epoca coloniale, con obiettivi in generale del tutto indipendenti da quello dello sviluppo del paese ospitante. Per esempio, la maggior parte delle ferrovie e delle strade realizzate in epoca coloniale servivano soprattutto a collegare alcuni luoghi dell'entroterra dove si producevano particolari risorse (per esempio zone minerarie) con i porti sulla costa dove tali risorse venivano imbarcati verso l'Europa o le altre colonie. Soltanto in pochi casi eccezionali (per esempio in quello del Sudafrica) si può parlare di una vera e propria rete ferroviaria o stradale, in grado di supportare gli scambi commerciali interni a un determinato paese.
Il retaggio coloniale si rivela in numerosi altri settori, come le telecomunicazioni. La rete telefonica fissa è quasi inesistente in gran parte del continente, e si appoggia in larga misura alle infrastrutture europee; per esempio, fino a pochi anni fa le telefonate fra il Ghana e la confinanteCosta d'Avorio venivano smistate attraverso le centrali telefoniche francesi e inglesi. Anche la situazione attuale di Internet in Africa rivela, per molti aspetti, la dipendenza infrastrutturale dell'Africa dall'Europa; la maggior parte dei siti web "africani" sono in realtà ospitati su server europei, e gran parte del traffico Internet del continente passa attraverso router situati altrove, con corrispondenti oneri economici che rendono ancora più difficile la penetrazione delle nuove tecnologie informatiche in un contesto già afflitto da numerosi altri handicap (insufficienza dellarete elettrica, scarsa alfabetizzazione informatica, e così via).

Conflitti 

L'Africa è uno dei continenti più tormentati da conflitti armati, sia nella forma di guerre civili (come quelle in corso in Darfur e nella Repubblica Democratica del Congo) che di scontri fra nazioni. Il fenomeno dei rifugiati è diffuso in gran parte del continente; in generale, i rifugiati riparano da una nazione in quelle confinanti non essendo in condizione di emigrare altrove (per esempio in Europa); questo causa spesso ulteriori conflitti, come gli episodi di intolleranza avvenuti nel 2008 in Sudafrica nei confronti dei rifugiati zimbabwesi. Per i paesi africani più poveri, già in difficoltà a gestire i problemi della popolazione locale, l'asilo ai rifugiati rappresenta spesso un problema di difficile soluzione dal punto di vista economico, logistico, sanitario e così via.
I conflitti spesso hanno l'ulteriore effetto di paralizzare o danneggiare l'economia dei paesi in cui si svolgono e spesso anche di paesi confinanti che dipendono in qualche misura da traffici internazionali.



La Guinea-Bissau 






La bandiera della Guinea-Bissau è stata adottata nel 1973, dopo che la nazione ottenne l'indipendenza dal Portogallo. La bandiera presenta i tradizionali colori panafricani: una banda verticale rossa dal lato del pennone, e due bande orizzontali gialla (sopra) e verde(sotto), oltre alla Stella nera dell'Africa, posta al centro della banda rossa. Il disegno della bandiera è influenzato dalla bandiera del Ghana. I colori hanno lo stesso significato: il rosso per il sangue dei martiri, il verde per le foreste (oltre ad un richiamo malcelato alla Lega Nord) e il giallo per le ricchezze minerarie.


Anche la bandiera, simbolo di una naziione, ha seguito in Guinea Bissau un suo corso evolutivo, dalla colonizzazione portoghese fino alla proclamazione di indipendenza.
Eccovi un contributo fotografico... 














La Guinea-Bissau (República da Guiné-Bissau) è uno Stato dell’Africa Occidentale ed è una delle più piccole nazioni dell’Africa continentale. Confina col Senegal a nord, con la Guinea a sud e a est e con l’Oceano Atlantico ad ovest. Al largo della capitale, Bissau, è situato l’arcipelago delle isole Bijagos, centinaia di isole di varie dimensioni, molte delle quali disabitate.
L’attuale territorio della Guinea-Bissau coincideva un tempo con il regno di Gabù, a sua volta parte dell’Impero del Mali; gli ultimi resti di questo regno sopravvissero fino al XVIII secolo. Le coste e le rive dei fiumi furono tra le prime terre ad essere colonizzate dal Portogallo (che le sfruttò per procurarsi schiavi sin dal XVII secolo) le zone più interne rimasero inesplorate sino al XIX secolo
La Guinea-Bissau cominciò la sua lotta per l’indipendenza nel 1956, anno in cui il PAIG (Partido Africano da Independência da Guiné e Cabo Verde) riuscì, in seguito ad una ribellione armata, a consolidare le proprie posizioni nel paese. Diversamente dai movimenti anticoloniali avutisi nelle altre colonie portoghesi, il PAIGC riuscì ad estendere rapidamente il suo controllo militare su ampie zone del paese: ciò
fu possibile grazie alle caratteristiche del territorio, coperto perlopiù dalla giungla, e ai grandi quantitativi di armi forniti dalla Cina, dall’Unione Sovietica e dagli altri paesi africani. Il PAIGC riuscì persino a dotarsi di una forza contraerea. Entro il 1973, pressoché tutta la Guinea-Bissau era nella mani del PAIGC.
L’indipendenza fu dichiarata unilateralmente il 24 settembre del 1973 e riconosciuta nel novembre dello stesso anno dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. [1], Il Portogallo riconobbe l’indipendenza dell’ormai ex colonia in seguito al colpo militare con cui culminò la Rivoluzione dei garofani portoghese
Il colpo di stato portoghese fu anomalo, in quanto i militari ebbero immediatamente l’appoggio della popolazione (nonostante, peraltro, che i comunicati dell’MFA chiedessero ai civili di restare in casa). Il nome di Revolução dos Cravos deriva dal gesto di una fioraia, che in una piazza di Lisbona offrì garofani ai soldati. I fiori furono infilati nelle canne dei fucili, divenendo simbolo della rivoluzione e insieme segnale alle truppe governative perché non opponessero resistenza.
Nel suo comunicato del 19 aprile 1975, l’assemblea dell’MFA difese un sistema pluripartitico per il socialismo, che prevedeva la costruzione di una società socialista, la collettivizzazione dei mezzi di produzione e la fine dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo mediante la collaborazione di tutti i partiti politici del paese all’interno di un contesto democratico. Veniva ripudiata qualsiasi forma violenta di costruzione del socialismo. Angola, Mozambico, Guinea-Bissau e Capo Verde ottennero l’indipendenza in un breve lasso di tempo, in seguito ad accordi tra i movimenti di liberazione nazionale e il governo portoghese.
La Guinea-Bissau fu poi governata da un consiglio rivoluzionario sino al 1984. Nel 1994 si tennero le prime elezioni multi-partitiche. Nel 1998 una sollevazione dell’esercito portò alla caduta del presidente Vieira: la Guinea Bissau precipitò così nella guerra civile. Nel 2000 Kumba Ialá fu eletto presidente. Nel settembre 2003, tuttavia, un nuovo colpo di stato portò all’arresto, da parte dei militari, di Ialá, definito “incapace di risolvere i problemi
del paese”. Dopo numerosi rinvii, le elezioni legislative furono finalmente tenute nel marzo del 2004. Un ammutinamento dell’esercito nell’ottobre del 2004 portò alla morte del capo delle forze armate stesse, contribuendo così ad accrescere lo stato di agitazione nella nazione.
Nel giugno 2005 si tennero nuove elezioni presidenziali, le prime dopo la caduta di Ialá, il quale si ripresentò come candidato del PRS, sostenendo di essere il legittimo presidente del paese. A vincere fu invece il candidato del PAIGC João Bernardo Vieira, il presidente deposto nel 1998. Vieira superò Malam Bacai Sanha a seguito di un ballottaggio: inizialmente Sanha rifiutò di riconoscere la sconfitta, accusando brogli elettorali in
due circoscrizioni (tra cui la capitale Bissau).
Tuttavia, malgrado una certa influenza delle forze armate durante le settimane precedenti il voto e alcuni “disordini” (fra cui l’attacco al palazzo presidenziale e a quello del Ministero
dell’Interno ad opera di alcuni armati non identificati), gli osservatori europei hanno definito le ultime elezioni in Guinea-Bissau “calme e ben organizzate”.  (da Wikipedia)







• Confini: a N con il Senegal, a S e a SE con laGuinea e si affaccia a W all’Oceano Atlantico.
• Il territorio ha una superficie di 36.125 kmq e una popolazione di 983.367 abitanti censiti nel 1991 e di 1.424.000 stimati nel 2008 con una densità di 39 ab./kmq. La capitale Bissau conta 330.000 abitanti nel 2007. Con l’agglomerato urbano sono 367.000 nel 2007.
• Il territorio è totalmente pianeggiante e percorso da numerosi fiumi (Cacheu, Gebu, Corubal). Il clima è di tipo tropicale.• Membro di: CEDEAO, OCI, ONU, UA, WTO, Associato UE.


Sommario: 1. Parametri principali. – 2. Note storiche. – 3. Economia. – 4. Difesa. – 5.Giustizia. – 6. Popolazione. –

1Parametri principali. – Secondo la costituzione del 16 maggio 1984, il Presidente della Repubblica, eletto a suffragio diretto per 5 anni, è titolare del potere esecutivo; l’Assemblea Nazionale è composta da 100 membri eletti a suffragio universale con mandato di 4 anni.






2Note storiche. – Ex colonia della Guinea Portoghese, la Guinea-Bissau ha proclamato l’indipendenza il 24 novembre 1973, dopo dieci anni di lotta di liberazione condotta dal PAIGC.



3Economia. – Le attività agricole non assicurano l’autosufficienza alimentare e il paese sopravvive grazie agli aiuti internazionali. Sono presenti riserve di gas naturale, bauxite e fosfati, ancora non sfruttate. In sviluppo il settore della pesca. Il franco CFA è legato all’euro da un tasso di cambio fisso.



4Difesa. – Il 2 marzo 2009 il presidente Vieira è stato ucciso, probabilmente come rappresaglia per l’assassinio del capo di stato maggiore dell’esercito, suo rivale. Alle elezioni presidenziali anticipate del 28 giugno e del 26 luglio 2009 è stato eletto Malam Bacai Sanhá, già presidente nel 1999-2000.








5Giustizia. – Non è in vigore la pena di morte.

6Popolazione. – Gruppi etnici: Balante (30%), Fulbe (20%), Manjaco (14%), Malinke (13%), Papeis (7%), altri (16%). Lingua ufficiale è il portoghese. Si parlano dialetti sudanesi e il creolo-portoghese. La religione è costituita da musulmani per il 45,8%, da animisti e da credenze tradizionali per il 39,5 %. I cristiani sono il 14,7%.

DA ANTONIO CARACCIOLO



Aggiornamento di Raffaella Del Giudice


Nessun commento:

Posta un commento